Il profumo delle viole - Liliana D'Angelo

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Il Profumo delle viole
Tre ragazze, una notte di tempesta e un lago. C’è un segreto che aleggia da decenni su Rocca di Papa e sullo chalet che Il profumo delle viole è ambientato negli anni quaranta del secolo scorso, nel mezzo delle persecuzioni naziste contro gli ebrei.
Narra la storia di Judith, una ragazza ebrea che vive in Germania, a Berlino. Judith è una ragazza come le altre, ha tanti amici, va a scuola, ama fare lunghe passeggiate per la città. Da un giorno all’altro però tutto cambia e si trova a vivere in una società in cui quelli come lei vengono emarginati, estromessi dal lavoro e dagli svaghi, fino a essere privati della libertà e della stessa vita.
Judit affronta insieme alla sua famiglia tutte le tappe di questa terribile discesa all’inferno, ma riesce a non perdere mai il coraggio e la speranza che la sorreggeranno fino all’ultimo. Tra lager disumani, ghetti infestati dalla fame e dalla sporcizia, delatori e spie, Judith lotta ogni giorno per sopravvivere. Si nasconde, fugge, guarda in faccia la morte e trova sul suo cammino uomini e donne di ogni tipo, da cui guardarsi e per cui rischiare la vita.
Un libro di memorie, di infamia e di rinascita.
Incipit
Capitolo 1
Quel giorno tornai a casa sconvolta. Salii con furia le scale, aprii la porta ed entrai difilato in camera mia, sull’orlo di una crisi di pianto. Sprofondai sul mio letto e diedi sfogo alla rabbia, prendendo a pugni il cuscino.
"Perché? Perché?" mi chiedevo "Cosa abbiamo fatto? Perché ci fanno questo?"
Si era appena concluso il mio ultimo giorno di scuola, ma non era la fine dell’anno.
La nostra scuola era stata chiusa.
Ci eravamo salutati tutti con un nodo alla gola, molti di noi avevano gli occhi lucidi. Eravamo già stati cacciati dalle scuole pubbliche, perciò aveva cominciato a funzionare una scuola ebraica privata, con insegnanti e alunni ebrei.

Io ne avevo risentito molto, era stato penoso lasciare i miei vecchi professori e i miei compagni, anche se con alcuni ci eravamo poi ritrovati.
Ormai anche questo ci era stato precluso.
Il professor Moses ce ne aveva dato l’annuncio la settimana prima.
"Il provvedimento andrà in vigore tra pochi giorni" ci aveva detto, poi si era tolto gli occhiali e li aveva poggiati lentamente sulla cattedra.
Un sonoro brusio aveva accolto le sue parole e una voce si era levata dal fondo dell’aula. “Ma come faremo, professore? Come potremo continuare a studiare senza la guida di tutti voi?” “Non abbandonando mai la lettura, figliolo, solo così potrete ampliare i vostri orizzonti, uscire dal ghetto intellettuale al quale vi stanno condannando. Leggete, leggete sempre. I libri sono la fonte di ogni sapere, abbiatene cura, custoditeli con amore, ma soprattutto usateli, interpretateli, ormai siete in grado di farlo da soli, mettete a frutto le vostre conoscenze, non lasciatevi soffocare dalle tenebre dell’ignoranza, è proprio questo che vogliono…”
L’eco delle sue parole sembrava risuonare tra le mura della mia stanza.
“Posso entrare?” Sulla soglia della porta c’era mia sorella Vera.
“Ormai sei già entrata…”
Nella sua voce c’era una nota di apprensione: “Come ti senti, tesoro?”
Inspirai a fondo, poi emisi un lungo sospiro.
“Delusa…ferita, infuriata…ti basta?”
“Non parlare così, so che non è facile accettarlo, ma, se può consolarti, non sei la sola, tutti sono stati….”
“Tutti?Tutti, Vera?Tutti gli ebrei, vorrai dire, tutti gli ebrei…”
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